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"Ampliare la cassa di colmata? Un danno per il turismo e l'ambiente", i disappunti del gruppo Rigenera SBT

SAN BENEDETTO DEL TRONTO L'Autorità di Sistema Portuale di Ancona ha programmato l'ampliamento della cassa di colmata, esistente nell'area immediatamente a nord del porto peschereccio. Il gruppo Rigenera SBT si oppone.

I motivi del rifiuto ad aumentare la capienza della vasca sono stati illustrati dagli esponenti di Rigenera: l'arch. Daniele Paolini e l'avv. Gian Luigi Pepa.

Spiegano di due professionisti: "Come rappresentanti dell’ Associazione Rigenera SBT, esprimiamo la nostra ferma opposizione al progetto di ampliamento della vasca di colmata, un’infrastruttura che già rappresenta così come realizzata nel 2010, un elemento problematico per la città di San Benedetto del Tronto. 

Chiariamo che la vasca di colmata, detta anche cassa di colmata, tecnicamente è una grande vasca situata in prossimità dei porti marittimi, il cui compito è quello di contenere la sabbia dragata dal fondale del porto, nel nostro caso, invece, si tratta di oli e materiale inquinante, proveniente dai porti del nord delle Marche, dove il nostro porto diverrebbe una discarica.

Tale opera, a nostro avviso, comporta, pertanto, gravi criticità sia in termini di impatto ambientale che di inquinamento, sia per la sua scarsa utilità rispetto alle reali esigenze del territorio e della comunità locale". 

Continuano Paolini e Pepa: "L'ampliamento della vasca di colmata pone interrogativi significativi anche sotto il profilo economico e gestionale. 

Non si ravvisa infatti alcuna reale utilità per il territorio Sambenedettese, rendendo l’opera non solo superflua, ma potenzialmente dannosa per la qualità della vita dei cittadini e per l’ecosistema locale. 

L’area interessata ricade lungo la Riviera delle Palme che rappresenta uno dei punti di maggior pregio turistico e naturalistico del territorio. 

L’ampliamento della vasca di colmata rischia di compromettere l’attrattività della Riviera delle Palme, con possibili ripercussioni negative sul turismo e sull’economia locale, oltre che sull’equilibrio dell’ecosistema costiero. 

Nel 2010  fu un errore realizzare la prima cassa di Colmata. Infatti, anche se allora il materiale in essa depositato, sabbie di deposito portuale provenienti dal porto di Fano, venne giudicato conforme alle norme vigenti, ad oggi  il suo impatto negativo a nord del porto appare evidente. 

Già allora si era già discusso della necessità di trovare soluzioni alternative alla gestione dei sedimenti e al contenimento dell’impatto ambientale, ad oggi non risultano essere stati intrapresi interventi risolutivi. 

Questo rende ancora più discutibile l’idea di ampliare un’infrastruttura già problematica, anziché puntare su strategie innovative e sostenibili per la tutela e lo sviluppo del territorio.

Basta fare una passeggiata nella zona, per osservare chiaramente i suoi effetti negativi dal punto di vista ecologico e di impatto visivo. L’area circostante evidenzia inoltre segni di degrado ambientale (LEGGI QUI), con ripercussioni visibili sull’ecosistema marino e costiero, confermando le criticità legate a tale infrastruttura. Quell’area andrebbe invece sottoposta a un vero e proprio piano di recupero ambientale ed estetico, con interventi mirati a ripristinare l’equilibrio ecologico e a valorizzare il paesaggio. 

Proseguire con l’ampliamento non farebbe altro che aggravare lo stato di degrado già evidente, compromettendo ulteriormente la qualità dell’ambiente e l’attrattività del territorio". 

Concludono l'arch. Paolini e l'avv. Pepa: "È tempo di cambiare rotta, puntando su soluzioni che rispettino l’ambiente e rispondano alle reali esigenze del territorio Sambenedettese. Commettere degli errori è umano, ma perseverare è diabolico".

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