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Gita in barca a vela dei dipendenti dell'Ast, Falco: "Nulla di strano, si tratta di formazione professionale obbligatoria"




SAN BENEDETTO DEL TRONTO Sulla gita in barca a vela di nove dipendenti dell'At di Ascoli Piceno, pagata dall'azienda pubblica, interviene l'avv. Rosaria Falco, già consigliera del Comune di San Benedetto. "Ho seguito con interesse - afferma l'avv. Falco - la vicenda che ha impazzato sotto il solleone di agosto, relativa alla così detta “gita in barca a vela” di alcuni dipendenti della Ast Ascoli Piceno: a quanto mi risulta dai documenti ufficiali pubblicati e dal piano formativo annuale approvato a febbraio scorso, si tratta di un progetto (tra gli oltre 200 approvati) che prevede, oltre ad alcune ore in aula, l’uscita in mare di uno staff di nove nostri dipendenti per incrementare la conoscenza tra i nuovi coordinatori, la coesione e lo spirito di squadra, fondamentali quando si devono compiere azioni ed operazioni coordinate per il raggiungimento di un risultato ottimale, tanto nella conduzione di una imbarcazione come nel lavoro dei reparti ospedalieri".

Continua la Falco: "Presa da curiosità, ho scoperto che tale tecnica formativa, la cui valenza è ormai unanimemente riconosciuta, ha il nome di “team building”, e viene adottata da qualche anno in molte aziende sanitarie del Paese sotto diverse forme e con il ricorso a svariate esperienze svolte in staff da soggetti destinati a lavorare insieme, in modo necessariamente coordinato, sul posto di lavoro: una partita di rugby, un’uscita di rafting (in gommone su un fiume), attività sportive di squadra e persino esperienze supportate dall’esercito con applicazione del metodo “experential learning” (imparare dall’esperienza).

Preso atto di queste informazioni, non ho ravvisato in tutta sincerità nulla di strano nell’adozione del tanto contestato progetto: chi sa qualcosa di barca a vela coglie immediatamente la fiducia nell’altro e la coesione di squadra che una simile esperienza vuole tirare fuori ed incrementare, come valore fondamentale da impiegare poi giornalmente in ospedale, nell’adozione spesso in tempi brevissimi di decisioni coordinate tra i diversi settori tramite i rispettivi responsabili.

Per tale motivo, a mio avviso, la direttrice generale dott.ssa Natalini, avrebbe dovuto difendere la scelta del progetto in questione da parte dei soggetti suoi sottoposti, pur chiedendo, come in effetti accaduto, per il futuro una sobrietà nelle scelte formative, non tanto nella spesa, in quanto si tratta nel caso di specie di un esborso per partecipante di 490 euro, assolutamente non esorbitante visti i costi medi della formazione che gli impiegati pubblici sono obbligati a svolgere, quanto nell’immagine di opulenza e divertimento che una gita in barca a vela rimanda nell’immaginario collettivo, in contrasto con la profonda crisi nelle prestazioni e nei servizi offerti in modo insufficiente dal SSN (in tutto il Paese in verità) e con la conseguente esasperazione dei cittadini.
Tale sobrietà va quindi richiesta, per il rispetto dovuto all’utenza del SSN e della Ast Ascoli Piceno in particolare.

Ho potuto visionare poi tutto il percorso seguito per il progetto “incriminato”, dalla delibera di approvazione nell’ambito del piano di formativo 2024 fino alla liquidazione della relativa spesa con determina n. 26 del 2 agosto 2024, ed ho constatato che l’evento in oggetto viene descritto nel piano come attività in aula con una “esercitazione pratica” finale, senza riportare ulteriori dettagli, poi dopo i passaggi autorizzativi prescritti solo nella determina di liquidazione della spesa viene citata l’uscita in barca a vela“.

Appare anche chiaro da tutti i documenti pubblici che delineano con precisione il relativo iter amministrativo, che sul tavolo del direttore generale, del direttore sanitario e del direttore amministrativo nulla di tutto ciò è passato né doveva passare, poiché di competenza dei dirigenti e dei direttori che detengono tutte le deleghe, l’autorità ed il potere di firma.
Avendo rivestito un ruolo istituzionale poi, so bene che alla formazione (ripeto: obbligatoria) dei dipendenti è riservato un fondo che deve essere (anche qui: obbligatoriamente) speso esclusivamente per tale scopo e che non può essere distolto per altre spese".

Ancora l'avv. Falco: "Per precisione, nella determina n. 7 del 27 febbraio 2024 del Dirigente della U.O.C. URP Comunicazione e Formazione di approvazione del Piano Formativo Aziendale si dà atto che “il costo complessivo pari ad € 624.707,40 (0.6% dell’1% del monte salari calcolato al 31/12/2023), derivante dall’adozione del presente atto, è compatibile con il budget preventivamente assegnato dalla Regione Marche all’AST nell’anno 2024 con DGRM n. 2074 del 29/12/2023”, budget appunto assegnato per la formazione del personale, di cui il progetto contestato costituisce una parte infinitesimale.

Ciò che però subito mi è apparso chiarissimo è che tale vicenda, proprio per la comprensibile esasperazione dei cittadini e per l’immaginario collettivo che rimanda, si è prestata in modo formidabile ad essere utilizzata sia come arma di distrazione di massa dai veri e reali problemi della nostra sanità con le loro profonde radici, sia soprattutto come arma politica da parte di chi ha interesse a contrastare e demolire la credibilità della direttrice generale e di conseguenza delle istituzioni regionali in carica, ovviamente in vista delle prossime elezioni.

Ora qui non mi interessa stare a difendere né un versante politico né l’attuale dirigenza di Ast, i cui oppositori (di sinistra ma anche di destra mi pare) per inciso, vista la loro storia politica e le loro azioni e decisioni trascorse, già di per sé mi provocano un moto di simpatia per la direttrice generale e per il suo staff. Avrei continuato a non proferire verbo sulla vicenda che, sebbene inopportuna, mi appare davvero esiziale (per quel che può valere il mio pensiero di semplice cittadina ben inteso), ma come esercente una professione legale, leggere che, con gran clamore mediatico, addirittura sarebbe stato presentato un esposto presso la Procura, mi ha dato conferma che spesso in ambito politico le azioni legali vengono utilizzate solo quando non scomodano i reali illeciti e gli autentici abusi, come mezzo di propaganda politica che, ancora, rimanda nell’immaginario collettivo dei cittadini la convinzione che chi denuncia ha sicuramente ragione, pure se la denuncia dovesse apparire pretestuosa ed infondata e la presunta “magagna” inesistente, come mi sembra nel caso di specie, almeno a giudicare dalle evidenze documentali".

Insiste la Falco: "Anche la sottoscritta, da consigliera comunale, ebbe a presentare diversi esposti, tutti minuziosamente documentati, in particolare per la vicenda Picenambiente, in merito alla quale mi pare che tuttora non si sia posta la parola fine, e sul comprovato taglio dei posti letto al nostro ospedale da parte dell’amministrazione Ceriscioli, per attribuirli alle cliniche private del nord della Regione: è di tutta evidenza che considero quindi una azione penale esperita dalle istituzioni una faccenda estremamente seria, da utilizzare per difendere interessi consistenti dei cittadini e non come arma politica per ingigantire questioni di scarso rilievo ma di grande suggestione.

D’altronde anche la sottoscritta è stata oggetto qualche anno or sono di una denuncia pretestuosa, che aveva lo scopo malcelato - conclude l'avv. Falco -  di censurare il mio eccessivo interessamento alla questione del project di Pagliare. Certo qui gli interessi, mi pare non propriamente pubblici, erano (e sono) davvero consistenti, ma questa è un’altra storia..."

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